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Relazione sul Feudo Vicennepiane fatta al Supremo Tribunale delle Finanze in Napoli dal Barone D. Donato d'Alena

 

In questa  pagina viene pubblicata la trascrizione, fedele all'originale, della Relazione che Donato d'Alena (1746 - 1822) presentò al Supremo Tribunale delle Finanze di Napoli. Dal documento è possibile trarre informazioni sull’estensione del feudo ed i suoi confini.

 

“Eccellenza. Per la dovuta ubbidienza agli ordini di Cotesto Supremo Tribunale delle Finanza, mi do l’onore io Donato d’Alena della terra di Frosolone di rimetterle la mappa adempita del feudo rustico di Vicennepiane, che si tiene da me, qual Barone, ed utile possessore del medesimo. E perché comanda V.E. che la stessa venghi accompagnata da una circostanziata relazione, son’io in seguito ad umiliarle lo stato di detto Feudo nella maniera prescritta delle sacrisante istruzioni a tal uopo emanate.

Il mentovato Feudo di Vicennepiane sito nell’Abruzzo citeriore in Provincia di Contado di Molise, tenimento di S. Pietro d’Avellana, confina con molti altri Feudi rustici di Padroni particolari, e luoghi demaniali delle convicine Terre di Vastogirardi, Capracotta, e S. Pietro l’Avellana. La confinazione esatta poi, tal quale l’ho ricavata dall’istrumento dell’acquisto, è la seguente.

Cominciando il suo confine dal Monte detto del Prato dalla cima d’una Murgia grande, quale fa tré confini, cioè Demanio di Capracotta, Montagna di San Pietro e Vicennepiane; e dandosi cammino da detta Murgia grande discendendo per dirittura nella terra di S. Pietro Avellana, poco di sotto a detta Murgia grande vi sono da mano in mano molti alberi di Faggio signati con croce, e con intacche fatte con accetta, dinotantino essere il confine fra la montagna di San Pietro e Vicennepiane, e proseguendo la medesima dirittura verso S. Pietro sempre calando per alcune macerine di pietre movibili s’arriva al capo d’un canale d’acqua, e principio di un vallone, ove vi sono molti alberi di Pera, uno dé quali sta segnato con croce; e caminando per il corso dell’acqua di detto Vallone a destra il territorio della predetta Montagna, ed a sinistra quello di esso Feudo di Vicenepiane, curvando come cammina l’acqua, sin dove si riunisce colll’altro Vallone, ed acqua, che viene dal feudo dé Bralli, detto Capodacqua, e dal dettoluogo rivoltando a sinistra per detto Vallone in su contro il corso dell’acqua, a sinistra, v’è il detto Feudo di Vicennepiane, ed a destra altro territorio di S. Pietro. S’arriva alla dirittura di sotto la Masseria di detto Feudo di Vicennepiane, ove si lascia il Vallone suddetto che viene dalli Bralli, e si rivolta a destra verso il Monte per una picciola semina, come stanno da mano in mano alberi signati con croce, ed intacche fattecon accetta, si giunge ad una pietra grande inamabile, sopra la quale vi sta scolpita una croce fatta con istromento di ferro, che enota i confine fra il suddetto Territorio di S. Pietro, ed i detto Feud di Vicennepiane; continuando per detto confine anche per la medesima serrina, s’arriva alla strada di sotto, no quella di sopra, per esserci due strade, dalla quale serrina rivoltando a sinistra, sempre strada strada verso il Vasto, s’arriva ad una pianozza larga smacchiata di benigno, dove si lascia la strada a destra, e si cammina per sinistra per una serretta di (…) di pietre, si giunge ai piedi della suddetta pianozza larga, ove fa tre fini S. Pietro l’Avellana, Feudo dé Bralli tenimento del Vasto e Vicennepiane; da quel luogo calando a bascio fra il confine del suddetto Feudo dé Bralli, e Vicennepiane per alcuni alberi signati con croce, ed intacche, si trapassa il Vallone suddetto di Capodacqua e poi salendo per altri alberi intaccati, si passa la strada che viene dal Vasto, e va a Castel dé Giudici, si cammina per una semina con macerine di pietre mobili, e poi si lascia essa serrina a sinistra, e si rivolta alquanto a destra continuando per altre macerine sino ad una Murgia grande con alberi di Faggio, la quale fa tre confini, Feudo predetto dé Bralli, Feudo dello Spedaletto, e Feudo di Vicennepiane, ed alla detta Murgia grande rivoltando a sinistra camminando sempre serra serra, come acqua pende per li confini dell’Ospidaletto, e Vicennepiane, si trapassa la strada che va dall’Ospidaletto a Castel dé Giudici, si sale all’ultimo monte eminente dell’Ospidaletto, quale fa altri tre confini, Ospidaletto, Demanio di Capracotta, e Vicennepiane; e rivoltando a sinistra come acqua pende, si va al primo luogo nominato di tre confini, cioè Demanio di Capracotta, e Vicennepiane; e rivoltando a sinistra come acqua pende, si và al primo luogo nominato di tre confini, cioè Demanio di Capracotta, Montagna di S. Pietro, e Vicennepiane, propriamente nominato Monte del Prato; dentro detti quali confini stà detto Feudo di Vicennepiane..

# Littera A

La estensione del medesimo è di carra ventidue (…) quattro o sia di moggi di terra 1776, che misurati all’usanza del luogo, alla ragione di passi 720 a tomolo, formano moggi 2220 circa.

Per rispetto alla confinazione ci è stata da più anni una picciola controversia con D. Donatantonio Angelone Barone dell’altro Feudo rustico denominato la Valle, verso la contrada di Montemiglio. Ma sin’ora si è trattato sempre il punto di questione con amichevol maniera; e benché non si trovi assodato, pur tuttavolta no si è dedotto in giudizio. Circa anni dieci addietro l’Università della terra di Vastogirardi comparve in (…) (…) e pretese d’impedire il passaggio pel suo Demanio agli Animali, che dovevano portarsi a pascere gli erbaggi di detto Feudo, nonché alle Vetture, che da tempo in tempo trasportar doveano le diverse derrate necessarie per lo mantenimento dei Pastori, e degli uomini addetti alla picciola coltura ivi introdotta. Il che tendea a rendere il Feudo inutile per ogni verso; giacché l’entrata degli Animali, e Vetture non potea senza massimo incomodo procurarsi altrove. Siccome però da tempo immemorabile i Baroni per di esso avean goduto un tal passaggio, così la (…) (…) decretò, che si fosse conservato il solito, e contro la forma del solito niente si fosse innovato, con avere soltanto soggiunto che si fosse presa l’informazione tendente a vedersi se ci fosse altra strada più breve per l’introduzione degli Animali. Dopo di che l’Università, conoscendo forsi il torto che avea, si acchetò, non curò di fare accertare l’ordinato informo, e permise così l’osservanza del solito.

Tranne queste due piccole controversie non ne ha nissun’altra con le popolazioni e feudi confinanti.

L’è esso poi libero da ogni servitù. Non vi ha menomata porzion di terreno, che dir si possa soggetto alla Regia Dogana di Foggia. Non vi sono né (…), né tratturi, né luoghi di qualunque sorte riserbati a pascoli dé locati per la stagion d’inverno.

Vi sono tre fontane denominate Fonte dell’Orso, i Pandoni, e la Fonte dell’Ara. E solo la terza parte di esso viene circondata da un picciol fiume perenne. Ma questa serve solo per comodo degli Animali, senza che dia moto a Molini, o altre Macchine idrauliche, che non vi sono.

L’aria è salubre, ma il clima è rigidissimo. E ciò per esser sito nell’Abruzzo, ed in una Montagna di non picciola altezza.

Ci si è introdotta la coltura in piccioilissima parte. Non si è stimato pu tuttavolta di accrescerla perché la esperienza ha fatto conoscere, che il fruttato è stato sempre minore delle spese a tal uopo erogate. Le continue nebbie, che in tempo di està, e specialmente in quello prossimo alla raccolta s’innalzano, ed inondano l’intiero Feudo, son di ostacolo alla pienezza della messe. Questa viene a maturo prima del tempo, si vede scolorita, e sfatta, allorché avrebbe bisogno maggiore di vegetazione, si anticipa molto più del dovere, e per conseguenza a causa di quella, che volgarmente si dice regina, viene ad essere sempre scarsa, perché mancante nella piena. Perciò un tal luogo non si è stimato adatto allo accrescomento della coltura. Né si vede i come possa a tanto adattarsi: Poiché le nebbie,o per causa del fiume Sangro, o delle altre acque che scorrono né vicini Luoghi, o dé Boschi che l’intero Feudo circondano, sono inevitabili, ed allora compariscono più, quando più nuocciono.

Per siffatta ragione detto Feudo si tiene riserbato ad uso del pascolo nella sua massima parte. Ed esso è capace di nutrire da circa duemila tra pecore e capre, solo però per quattro mesi di està, cioè da’ principi di Giugno, per tutto settembre; giacché nell’inverno, ed in quasi tutta la primavera si trova per lo più coverto di nevi, e la rigidezza del clima è troppo grande.

Ciò non ostante vi si mantengono da circa sei Bovi aratori per uso della picciola coltura, che mantener ci si possono anche d’inverno, ma coll’aiuto del fieno, che si mette in serbo nell’estiva stagione, e dé ricoveri a fabbrica, che vi esistono: siccome nel solo tempo estivo ci si mantengono da circa quindici pezzi di Giumente.

Le derrate che ci si sono introdotte nella maniera di sopra divisata non consistono che in grano, ed orzo, non essendo il terreno, per le divisate ragioni, di altro capace. Allorché le nebbie sono minori, la raccolta suole uscire alla ragione della cinque a tomolo, e quando sono violenti, colla due e mezzo in circa; onde siccome la coltura si riduce ad una cinquantina di tomola di grano in ogni anno, ed una decina di orzo, così nelle annate abbondanti la ricolta può produrre circa (…). Il boscoso che abbraccia quasi la maggior parte del luogo è nel tempo istesso adatto al pascolo. Gli alberi poi che vi  allignano consistono in Faggi, oppi, agrifogli, mela e pera selvaggi, cerri e ginepri. E tutti questi in tempo di carica abbondante sogliono ingrassare da circa sessanta (…), e nelle annate sterili, che sono le più frequenti, una ventina in circa dé (…) Il che accade per che i Cerri con ispezialità per loppiù vengon meno rispetto al frutto, essendo del continuo (…) a forti intemperie gelate.

Questo è adunque lo stato attuale del Feudo di Vicennepiane che umilio a V.E. in adempimento del mio dovere; in atto che coll’aspettativa delle sovrani salutari provvidenze, mo do l’onore di farle profonda riverenza, e col dovuto ossequio di ripetermi qual sono

DVE

 

Frosolone

 

Ecc.mo Supremo Tribunale delle Finanze

Napoli

Umilissimo Devotissimo Servitore Vostro

Donato d’Alena

 

#A

E comecché la confinazione che passa tra detto Feudo e S. Pietro l’Avellana designata, e distinta come sopra da alberi intaccati (…) dal tempo erano stati consunti, per cui non si distingueva con chiarezza; perciò nell’anno 1741: per convenzione avuta tra il fu F. Francesco d’Alena mio zio, ed il regal Monistero di Monte Casino Possessore di detta Montagna di S. Pietro, ad uni (…) tà della medesima fu la medesima confinazione designata con termini di pietre manufatte e piantate, e con croci scolpite in pietr fisse oggi esistenti, come si avvisa dall’istrumento di tal convenzione (…)


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