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Stemma posto sulla facciata della chiesetta di S. Giovanni Battista

 

Il Barone Lorenzo Angeloni (fu Girolamo, fu Leonardo, fu Nicolò), nacque a Roccaraso nel 1640 ca. Visse molto a lungo, tant’è vero che, ormai centenario, con atto per Notar Federico di Napoli, rogato il 2 luglio del 1742, istituì un maggiorasco sul feudo di Montemiglio, stabilendone la trasmissione per ordine di primogenitura e linee maschili prossimiori. Lorenzo sposò Ippolita Palmieri, dalla quale ebbe Donato Berardino che fu suo successore nel titolo e nel feudo. Egli fu tenuto al Fonte Battesimale da D. Florino de Florino (o Florini). I Florini avevano beni feudali in Molise ed all’epoca del matrimonio (30 ottobre 1678) tra Donato Berardino ed Agata Florini, quest’ultima era già titolare del feudo di Varavalle (detto anche Bralli e Varaldo) e di S. Giovanni di Montemiglio (che l’avo Nicola Florini acquistò da Andrea d’Eboli con atto datato 2 settembre 1581). Il loro figlio, Lorenzo Benedetto, U.J.D., ottenne l’intestazione dei feudi materni il 28 aprile del 1722.

            Nel 1821, morì il Barone Lorenzo Angeloni (nipote del precedente): egli lasciò eredi dei beni feudali della sua famiglia, in parti uguali (1/3) D. Anna Maria Angeloni (sorella), Domenico Antonio e Maria Giuseppa d’Alena (suoi nipoti, figli della sorella Agata Rosaria Angeloni e di Donato Antonio d'Alena), D. Bartolomeo Ricciardelli di Pescocostanzo; il titolo di Barone, in virtù della successione feudale e del testamento del Bar. D. Lorenzo, spetta ai suoi eredi, non avendo egli discendenti o ascendenti capaci di succedergli. Sennonché, in forza di un riconoscimento (1881) ottenuto durante il Regno d'Italia, basato su un'istituzione di maggiorasco (istituto non più in vigore all'epoca del riconoscimento) il titolo di Barone di Montemiglio e Varavalle si trovò attribuito a Giuseppe Andrea Angeloni, discendente da Bartolomeo, il quale dichiarò (nella pratica di riconoscimento del titolo) di non aver mai posseduto detto feudo poiché lo stesso era in possesso degli eredi del barone Lorenzo Angeloni (Libro d’Oro della Nobiltà Italiana, conservato presso l’Archivio Centrale dello Stato; Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano del 1922).

            Tuttavia la figura del Barone Giuseppe Andrea Angeloni. Nato a Roccaraso il 25 febbraio del 1826, fu di particolare rilievo nel panorama pre e post-unitario. Si dedicò come già suo padre ed i suoi antenati (tra cui merita particolare menzione D. Domenico Angeloni, ultimo abate della Badia Morronese di Sulmona), agli studi di scienze economiche, di economia politica e delle scienze agronomiche e sociali. Fu di sentimenti patriottici; durante il soggiorno a Genova entrò nell’organizzazione giovanile per l’unità d’Italia. Raccolse fondi per finanziare l’impresa di Garibaldi. Nel 1848 fu Capitano della Guardia Nazionale e si recò a Roma ed in Toscana per appoggiare i governi provvisori in carica. Questi sentimenti liberali e patriottici contribuirono a renderlo bersaglio della polizia borbonica che lo perseguitò. Fu arrestato ma riuscì ad evadere in modo rocambolesco dal carcere, rifugiandosi in esilio. Dopo l’Unità d’Italia, fu eletto deputato al collegio di Sulmona ed Aquila II, partecipando a tutte le legislature dalla IX alla XVII (nel corso di quest’ultima, morì). Fu Primo Presidente del Club Alpino Italiano di Sulmona (1876); nel 1878 il Governo lo nominò giurato nazionale per la classe XLVI (prodotti non alimentari) all’Esposizione Universale di Parigi; fu Segretario Generale dei Lavori Pubblici durante il secondo governo Cairoli, dal 23 settembre 1879, al 30 giugno 1881, avendo come ministro Alfredo Baccarini. Politicamente può esser collocato nella sinistra costituzionale (alla Camera occupava il posto n. 173). Con Decreto in data 5 giugno 1877, venne nominato Commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia.

A Roccaraso gli Angeloni avevano il patronato su una cappella all’interno della Chiesa di San Rocco (entrando sulla destra) nella quale sono sepolti alcuni esponenti della famiglia[2]. Nei pressi della Chiesa di San Rocco, in via Marcone vi è uno dei palazzi appartenuti agli Angeloni, uno dei pochi di Roccaraso che ha resistito a guerre e distruzioni. L’altro palazzo, distrutto durante la seconda guerra mondiale, si trovava nella zona denominata Terra Vecchia[3].

Una genealogia degli Angeloni è presente nel manoscritto di Livio Serra di Gerace. Questa genealogia, però, è stata smentita dall'indagine condotta sugli atti d'archvio. Per una disamina si rimanda al nostro articolo 'La genealogia degli Angeloni nel manoscritto di Livio Serra di Gerace'.

Lo stemma degli Angeloni, appare sulla facciata della chiesetta dedicata a S. Giovanni Battista, nel territorio del feudo della Valle di Montemiglio, e risale al 1635, epoca in cui la chiesa fu restaurata ad opera del Barone Donato Berardino Angeloni.

Il blasone originale dei baroni Angeloni (illustrato nella precedente immagine, che raffigura lo stemma in pietra posto sulla chiesa di S. Giovanni, è diverso dallo stemma che fu riconosciuto nel 1881, unitamente al titolo baronale, al ramo Angeloni, rappresentato da Giuseppe Andrea e che può essere così blasonato: Di rosso alla sbarra d’azzurro orlata d’argento e caricata di tre stelle dello stesso; essa sbarra accompagnata nel capo dalla figura di un Serafino posta in sbarra, ed in punta da una torre merlata di quattro pezzi alla guelfa fondata sopra un ristretto di pianura erbosa il tutto d'oro. Risulta evidente come lo stemma riconosciuto nel 1881, sia completamente differente da quello originale della famiglia, nel quale non compaiono gli elementi della torre e delle stelle a cinque punte.

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Fonti archivistiche e bibliografiche:

-         Archivio Centrale dello Stato, fondo Consulta Araldica;

-         Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano, 1922;

-         Annuario della Nobiltà Italiana, XXX ed vol. I, parte II. – Casa Ed. S.A.G.I.;

-         Libro d’Oro del Collegio Araldico, Roma;

-         Illustri abruzzesi – O. D’Angelo, Ed. De Arcangelis;

-         Regione Abruzzo.-

 

 

 

 

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[1] Annuario della Nobiltà Italiana, XXX Ed., Casa Ed. S.A.G.I.; Famiglie Nobili e titolate del Napoletano, F. Bonazzi di Sannicandro: Arma: di rosso alla sbarra d’azzurro orlata d’argento e caricata di tre stelle dello stesso; essa sbarra accompagnata nel capo dalla figura di un Serafino posta in sbarra, ed in punta da una torre merlata di quattro pezzi alla guelfa fondata sopra un ristretto di pianura erbosa il tutto di oro.

[2] Notizie gentilmente fornite da Stefano Mari di Sulmona.

[3] Notizie gentilmente fornite da Giulio Avallone di Vasto.