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I D'ALENA DA SICIGNANO A LIMOSANO

IPOTESI DI STUDIO PER LA RICOSTRUZIONE DI UN FILO GENEALOGICO

 

di ALFONSO DI SANZA D'ALENA

(articolo pubblicato il 18 febbraio 2018 - aggiornato il 25 agosto 2021)

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Anno Domini 1252, porto di Siponto: attraccano le navi che scortano re Corrado. Sul molo ad attenderlo il picchetto d’onore degli araldi a cavallo con le bandiere recanti l’aquila sveva, i trombettieri in attesa di dar fiato ai loro strumenti. Fanti, cavalieri e tutti i dignitari del regno presenti per rendere omaggio al sovrano. Il conte Lancia, che accompagnava re Corrado, riconobbe tra i baroni i più fedeli: Riccardo Filangieri, Tommaso Capasso, Matteo d’Alena, il conte di Caserta, il conte di Acerra. La notizia dell’approdo è narrata da Chiara Curione nel suo libro “Il tramonto delle aquile”. Tra le personalità presenti nella scena, ce n’è una che attira particolarmente la nostra attenzione: Matteo d’Alena. Lo storico Pietro Ebner (Chiesa baroni e popolo nel Cilento medievale – vol. II) lo cita nella sua opera, indicando come fonti i Registri Angioini. Dall’Ebner apprendiamo che nel 1271 il re (Carlo d’Angiò) concesse a Matteo d’Alena (Matheo de Alena) milite e familiare del re, i feudi di Sicignano e Campora ed in seguito il castello di San Gregorio e quello di S. Nicandro del giustizierato di Principato. Ricorda anche una lite insorta tra Matteo d’Alena e Guido d’Alement (o Alemannia o Alemagna) per il possesso di alcune terre nei pressi di Buccino. In un altro suo libro (Economia e società nel Cilento Medievale), trattando del paese di Campora, ricorda che nel 1269 fu investito del feudo Matteo d’Alena. La stessa informazione la troviamo sul sito del comune di Campora che cita a sua volta come fonte i Registri della Cancelleria angioina (Accademia Pontaniana, 1950-1985, Napoli, Arte Tipografica di A.R., n. 4, pag. 153), ma indica il nome come Mathe de Alena. Il sito del comune di Valva, invece, senza citare la fonte, ricorda che il 4 aprile 1269 il re Carlo d’angiò con una lettera indirizzata a Dionisio d’Amalfi, procuratore dei beni devoluti al fisco, ordinò d’immettere Matteo de Alena nel possesso dei beni che gli erano stati precedentemente sottratti e di affidargli la custodia del castello di Valva.

Il Carucci (Codice Diplomatico Salernitano) ed il Del Giudice, citati in Archivio storico per la Calabria e la Lucania – Ass. Naz. per gli interessi del Mezzogiorno d’Italia (1931, pag. 252), affermano che nel mese di luglio del 1269 vennero assegnati a Matteo de Alena i beni di Giovanni da Procida.

Erasmo Ricca (La nobiltà delle Due Sicilie) indica il nome di Mattheus de Alena tra quelli presenti nell’elenco dei baroni del regno che costruirono e misero a disposizione delle navi per il re Carlo (le fonti citate dal Ricca sono: registro angioino segnato Carolus I 1276, 1277 A. n. 27 fol. 16 a 18; registro notato col n. 40 ed intitolato Carolus I 1280 C, fol 28).

Infine negli atti delle giornate di studio del Centro Studi Normanno Svevi, dell’Università degli studi di Bari, pubblicate da edizioni Dedalo (Le eredità normanno-sveve nell’età angioina. Persistenze e mutamenti nel Mezzogiorno – pag. 128) troviamo ancora una notizia relativa a Matthieu de Alena, che restituisce alla curia il feudo di Valva in cambio di altri beni nel territorio salernitano per i quali è tenuto a pagare i ¾ del servizio di un cavaliere. Ancora una volta la fonte è rappresentata dai Registri Angioini, anno 1269. Il nome di Matteo lo troviamo ancora nei registri angioini ricostruiti da Riccardo Filangieri (anno 1958, pag. 151) nei quali è indicato come Matthei de Alena.

Le fonti restituicono quindi, il profilo di un personaggio storico ben definito: un cavaliere, miles, appartenente al rango dei dignitari del regno (conti e baroni) sia in epoca sveva, come dimostra la sua presenza tra i rappresentanti dei poteri di vertice che attendevano il re Corrado a Siponto, sia in epoca angioina, come si evince dall’annotazione dei suoi possedimenti feudali nei Registri della cancelleria e come dimostra l’uso della qualifica di familiare del re. Il titolo con cui viene solitamente appellato è quello di signore di Sicignano.

Sicignano degli Alburni (SA)

Nello stesso periodo il signore di Sicignano viene alcune volte individuato col nome di Maynus de Alena. I registri angioini contengono vari riferimenti al signore di Sicignano ed alla sua vertenza con il monastero di Venosa. A tal proposito i documenti ricordano che il re intimò a Mayno di restituire il casale Vinealis ai monaci che ne erano i legittimi titolari; alla prima seguirono altre tre ordinanze dello stesso tenore (tutte conservate nei Registri) nelle quali il signore di Sicignano viene chiamato Maynus de Alena, Marini de Alena, e Mayno de Alenia. Nonostante le differenze di trascrizione del prenome, considerata la corrispondenza cronologica e l’utilizzo dell’identico titolo feudale è verosimile ritenere che Matteo e Mayno fossero la stessa persona. Alle stesse conclusioni giunge l’Ebner il quale afferma che “A Mayno o Matteo seguì Balduino che era signore di Sicignano e S. Gregorio nel 1273”. Anche nell'Historia Napoletana di Francesco dé Pietri (1634) si legge che: "...Maino (...) il quale altre volte si vede chiamato Matteo". Vicenzo Tortorella (Radici di roccia) traccia la stessa successione: a Matteo d’Alena signore delle terre di Sicignano e Campora, e dei castelli di S. Gregorio e S. Nicandro, segue Balduino d’Alena , signore di Sicignano. Secondo i risultati delle ricerche dell’Ebner, Balduino sposò in seconde nozze la figlia di Guido d’Alemagna, Margherita signora di Manfredonia. La coppia ebbe due figli, Giovanni ed Andrea. Il primo subentrò al padre nella signoria di Sicignano; l’altro fu vescovo di Melito e morì nel 1402. Giovanni fu signore di Sicignano, Romagnano, Palo ed altri casali ed ebbe come successore il figlio Pietro, che fu dichiarato ribelle.

Questa discendenza (Matteo, Balduino, Giovanni) ricostruita dall’Ebner è analoga a quella delineata da Ferrante della Marra duca della Guardia (Discorsi delle famiglie estinte, forastiere, o non comprese né seggi…, Napoli, 1641), il quale indica Matteo signore di Sicignano, padre di Balduino signore di Sicignano, S. Nicandro e S. Gregorio che dal 2° matrimonio con Margherita d’Alemagna ha due figli: Giovanni signore di Sicignano e Andrea vescovo di Melito. Il della Marra, però, al contrario di quanto si evince dai Registri Angioini e di quanto affermano gli studiosi sopra citati, attribuisce ai signori di Sicignano il cognome d’Alagni, famiglia originaria di Amalfi, rintracciandone le radici più antiche addirittura nell’anno 930. Il della Marra scrive nella prima metà del ‘600, ma prima di lui Scipione Ammirato aveva già trattato della famiglia d’Alagni (S. Ammirato, Delle famiglie nobili Napoletane, 1580) e seppure afferma essere questa famiglia amalfitana, tuttavia la individua cronologicamente in un periodo molto più recente e cioè ai tempi del re Ladislao di Durazzo che regnò dal 1386 al 1414: “Ha dato Amalfi molte famiglie nobili alla città di Napoli: tra le quali una fu quella d’Alagna. La quale dice il Marchese (Francesco Elio Marchese n.d.r.) esservi venuta poco innanzi a tempi di Ladislao”. Scipione Mazzella (Descrittione del Regno di Napoli, 1601) dal canto suo richiama ancora il Marchese, precisando di aver trovato una testimonianza relativa a tale Cecco d’Alagno di Napoli al quale, nel 1199, Federico II donò la Cilenza. Anche il Rossi (Teatro della nobiltà italiana, 1607) concorda nel ritenere Amalfi patria d’origine della famiglia d’Alagno.

Nessuno dei citati autori (Ammirato, Mazzella, Rossi) rinviene nella famiglia d’Alagni (o d’Alagno) il titolo di signore di Sicignano. Ad essi si aggiunga il Recco (Recco G., Notizie di famiglie nobili ed illustri della Città e Regno di Napoli, Napoli, 1717, 39). Ciò dimostra come la famiglia amalfitana d’Alagni fosse una famiglia diversa da quella dei d’Alena signori di Sicignano, e che il della Marra nel rintracciare le origini di questa famiglia in un tempo molto remoto e nell’identificarla con quella dei signori di Sicignano deve aver probabilmente commesso qualche errore. Questa possibilità, del resto, è confermata dal de Lellis il quale esplicitimente asserice che il della Marra ha commesso un errore nel considerare Giovanni d'Alagni, marito di Piscicella dé Piscicelli (de Lellis C., Discorsi delle famiglie nobili del Regno di Napoli, Napoli, 1663, Parte II, 38).

Giungiamo così al 1691 ed al volume dell’Aldimari il quale richiamando tra le sue fonti l’Ammirato, parla di una famiglia Lagni, alla quale attribuisce il possesso del feudo di Sicignano fin dal 1297. In realtà l’Ammirato riferisce di un tale Maino Lagni, venuto nel Regno insieme a Carlo d’Angiò, al quale il sovrano concesse i castelli di Sicignano e S. Nicandro e il casale di S. Gregorio, e che avrebbe avuto come discendenti e successori nei feudi Balduino marito di Margherita d’Alemagna (vedova di Roberto di Baugiaco dal quale ebbe due figli), Giovanni (suoi fratelli Maino abate e Miluccio) marito di Iacopella Gesualdo, ed infine Niccolò che visse ai tempi della regina Giovanna I (regnante 1343 – 1381). Questa ricostruzione, tuttavia, è smentita dalle fonti che testimoniano l'esistenza di Matteo (alias Maino) signore di Sicignano, in epoca precedente all'arrivo dell'angioino.

Torna così a delinearsi una discendenza (Matteo, Balduino, Giovanni) sulla quale concordano i tre autori: Scipione Ammirato, Ferrante della Marra, Pietro Ebner. Tuttavia per l’Ammirato i signori di Sicignano si chiamavano Lagni, per Ferrante della Marra d’Alagni, per l’Ebner (come per altri storici contemporanei) de Alena. Mentre i primi due non citano tra le fonti i Registri Angioini e non concordano sul cognome della famiglia (Lagni e d’Alagni), gli ultimi basandosi su fonti ufficiali quali i Registri, confermano tutti che i signori di Sicignano si chiamassero de Alena.

Costumi civili e militari in età angioina

Un’ultima attenzione merita la genealogia dei signori di Sicignano delineata dalla Assante (Romagnano. Famigle feudali e società contadina in età moderna, Napoli, Giannini Ed., 1999). L’autrice attinge a piene mani dall’opera dell’Ammirato, tant’è vero che atrtibuisce alla famiglia il cognome Lagni, ma l’elemento importante emerge dal riferimento ai Registri angioini, citati in nota (nota n. 28, pag. 70). Infatti nelle citate note tratte dal registro si legge: A Domino Balduino de Alenea pro Castris Siciniani, S. Nicandri et casalis S.ti Gregorij in Principatum Citrum et pro Casali Castri Terra Idronti quod tenet pro parte Domina Margarita de Alemania uxoris sua (Registro, vol. I, pars I, anno 1321, p. 773); Margarite q.m. Sparani de Barno militis uxori Baudoini de Alaneo militis et super obligatione Casalium Siciniani, S.ti Nicandri, S.ti Gregorij in Princ. Citr. Ei facta dicto eius viro pro dote unc. 200 ei data (Registro, vol. II, anno 1309, p. 1739). A fronte di tale evidenza non si capisce come il cognome Alenea/Alaneo abbia potuto essere trasformato in Lagni. La perplessità è ancora maggiore se si considera che in altre parti del Registro, com’è stato osservato in precedenza, il cognome è addirittura esattamente indicato come Alena, e così correttamente trascritto da altri autori quali l’Ebner, il Ricca, il Filangieri, ecc.

Ricapitolando brevemente quanto esposto in precedenza emerge che:

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i de Alena erano i signori di Sicignano per: Pietro Ebner, Carlo Carucci, Giuseppe Del Giudice, Chiara

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, Erasmo Ricca, Jean-Marie Martin[1], Riccardo Filangieri, Vincenzo Tortorella. La maggior parte di questi autori ha utilizzato come fonti i Registri Angioini, e sono stati tutti concordi nell’identificare il cognome in de Alena.

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i signori di Sicignano si chiamavano Lagni secondo Scipione Ammirato.

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i signori di Sicignano si chiamavano d’Alagni per Ferrante della Marra duca della Guardia.

Ciò dimostra che gli eruditi secenteschi hanno sbagliato nel ricollegare ai signori di Sicignano i nomi di famiglie che per assonanza richiamano il cognome de Alena (Lagni, Lagnì, d’Alagni).

Quindi i signori di Sicignano furono:

  1. Matteo (o Maino) d’Alena, morto nel 1293 circa;

  2. Balduino d’Alena: nel 1293 ottiene il baliato per morte del padre; è signore di Sicignano, San Nicandro e san Gregorio. Sposa nel 1318, in seconde nozze, Margherita d’Alemagna, signora di Manfredonia, figlia di Guido (o Guidone) d’Alemagna;

  3. Giovanni d’Alena, signore di Sicignano, Gualdo, San Pietro, San Martino, Sant’Andrea, Casalnuovo e San Nicandro. Sposa nel 1335 Isabella (o Jacopella) di Gesualdo, acquisendo anche il feudo di Palo.

Qual è la successiva linea di discendenza?

A tal proposito abbiamo tre diverse ricostruzioni, che vale la pena riportare integralmente. Confronteremo le versioni di Scipione Ammirato, Ferrante della Marra e di Pietro Ebner. 

Scipione Ammirato (1531-1601)

Ferrante della Marra

(fine sec. XVI –prima metà XVII)

Pietro Ebner (1904-1988)

 

 

 

Maino

Matteo

Matteo (o Maino)

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Balduino

= 1°

= 2° Margherita d’Alemagna

Balduino

= 1° Margherita di Baro

= 2° Margherita d’Alemagna

Balduino

= 1° ?

   = 2° Margherita d’Alemagna

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Giovanni = Iacopella di Gesualdo

Giovanni = Isabella di Gesualdo

Giovanni = Isabella di Gesualdo

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Niccolò = Flaminga di Burgenza

Iacopo = Caterina Caracciolo

Pietro

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Giovannello = Antonella de Porceletto

Giovannello = Antonella Porceletta

 

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Pietro = Maria Capece

Pietro = ? Caracciolo (sorella di Pietricone Caracciolo)

 

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Giovanni

Giovanni (secondo della Marra sarebbe figlio del fratello di Pietro, Lancillotto)

= Piscicella de Piscicelli

 

 

Sebbene l’Ebner non prosegua la genealogia oltre Pietro, gli altri due autori concordano nell’indicare, come ultimo discendente della famiglia, Giovanni figlio o successore[2] di Pietro. Anche il dé Pietri nella citata Historia Napoletana, indica Pietro "ricchissimo Barone" quale successore nella signoria di Sicignano "negli ultimi tempi dei Re Francesci".  Il duca della Guardia[3] narra che Giovanni, marito di Piscicella dé Piscicelli, all’epoca del re Ferrante (Ferdinando d’Aragona era conosciuto come Ferrante I di Napoli,  e regnò dal 1458 al 1494) ottenne nuovi territori in cambio di Sicignano, feudo che il sovrano volle concedere a Iacopo Caracciolo, Gran Cancelliere del Regno. Giovanni non contento di una tale permuta, tentò di riconquistare il feudo: “Ma non soffrendo l’animo a Giovanni di rimanere privo di quell’antico dominio di casa sua, s’era l’anno 1474 avvicinato otto miglia a Sicignano per occuparlo, il che venuto a notizia del Re gli scrive che sotto pena della vita si parta da quel luogo e vada alle sue Castella, le quali io avviso, che siano quelle di Sant’Angelo di Limosano e di Civita Vecchia[4] nel Contado di Molisi, vendute due anni innanzi dal Re alla moglie d’esso Giovanni, chiamata Piscicella di Piscicelli”. L’autore conclude su Giovanni dicendo: “delle quali Terre, e pur’anche di Giovanni lor Signore non appare quello che avvenisse”.

Secondo altre fonti (Elena Papagna, Sogni e bisogni di una famiglia aristocratica. I Caracciolo di Martinafranca, Franco Angeli Ed.), invece, fu Petraccone II Caracciolo che, nel 1438, avendo combattuto per Alfonso d'Aragona ed in saldo di un credito di 8000 ducati d'oro che lo stesso Petraccone vantava, ottenne il feudo di Sicignano previamente confiscato al cognato Pietro d'Alena (l'autrice indica il cognome in Lagni) che aveva sostenuto la causa del partito angioino. Pietro risultava essere cognato di Petraccone II poichè quest'ultimo aveva sposato Caterina Gesualdo, sorella uterina di Pietro (la madre di Pietro e di Caterina era Antonella de Porcelet che sposò in prime nozze Giovannello d'Alena e, alla di lui morte, sposò in seconde nozze Sansonetto Gesualdo).

Come si evince dal precedente racconto del della Marra, Giovanni reclamava i diritti sul feudo dei suoi antenati, Sicignano, territorio che in base agli studi degli storici contemporanei apparteneva alla famiglia d’Alena; quindi Giovanni marito di Piscicella dei Piscicelli si chiamava in realtà d’Alena. Cosa ne fu di Giovanni e della sua discendenza il della Marra non è in grado di spiegarlo. Sappiamo però da altre fonti (G. Masciotta, Il Molise dalle origini ai nostri giorni, vol. II) che Giovanni[5] fu effettivamente titolare di Limosano[6], di Sant’Angelo Limosano, nonché di Duronia (che fino al 1875 si chiamò Civitavecchia). La fonte citata dal Masciotta è il libro di Scipione Ametrano (Della famiglia Capece) il quale afferma che nel 1487 Piscicella dè Piscicelli ebbe la conferma del feudo di Civitavecchia (Duronia) da Ferrante I. Altra fonte cui fa riferimento il Masciotta[7] è il Forcellini che, basandosi sui quinternioni dell’anno 1472, dichiara che re Ferrante in quell’anno concesse Civitavecchia in feudo alla Piscicelli e “maritò la Piscicella con Giovanni d’Alagno, gentiluomo del Seggio predetto” (Seggio di Capuana). La Piscicelli in precedenza fu una delle tre dame favorite dal sovrano, col quale generò anche due figli. Dei feudi di Limosano e Sant’Angelo Limosano, venne privata la Piscicelli nel 1495 forse per fellonia, avendo parteggiato per Carlo VIII, contro gli aragonesi.

Il Masciotta, tuttavia, contribuisce a confermare la nostra tesi, secondo la quale il cognome de Alena, fu confuso da alcuni autori (es. il della Marra) con d'Alagni. Infatti nel secondo volume della sua opera Il Molise dalle origini ai nostri giorni, nella monografia dedicata a Limosano afferma testualmente che "Giovanni d'Alagno era congiunto della bellissima Lucrezia d'Alagno: la famosa favorita di Alfonso I"; segue la descrizione dello stemma di questa famiglia, che l'autore ricorda essere di origine amalfinata ("una croce di rosso in campo di oro, e dentro quella cinque gigli d'argento"). Pertanto, a voler prestare fede a ciò che afferma il Masciotta, Giovanni marito di Piscicella dè Piscicelli, già signore di Sicignano, sarebbe il fratello di Lucrezia d'Alagni, e di conseguenza figlio di Nicola e Covella Toraldo, i quali ebbero sette figli: Margherita, Antonia, Luigia, Lucrezia, Giovanni, Ugo e Mariano. Quindi il Masciotta sembrerebbe aver ragione, se non fosse che Giovanni d'Alagno morì in tenera età, ed è pertanto del tutto inverosimile che abbia potuto contrarre matrimonio con chicchessia. La notizia della morte precoce di Giovanni d'Alagno (v. www.nobilinapoletani.it alla voce Alagna) è confermata dal dé Pietri (Dell'historia napoletana, Napoli, 1634, pagg. 166-167) il quale riferisce che i coniugi Nicola e Covella ebbero "sei figliuoli" (non sette) e precisamente "due maschi, e quattro femmine", e nomina tra i maschi solo Ugo e Mariano. E' questa una conferma obiettiva dell'inesistenza di un Giovanni d'Alagni dei signori di Sicignano, presunto marito della Piscicelli, ed una indiretta conferma dell'esistenza di altro Giovanni dei signori di Sicignano, appartenente alla famiglia che gli storici più accreditati ed autorevoli, nonchè i documenti ufficiali della cancelleria angioina, individuano in quella dei de Alena, il cui capostipite fu quel Matteo, primo signore di Sicignano, che visse nel XIII secolo. A confermare che gli unici figli di Nicola d'Alagni furono soltanto Ugo e Mariano, contribuiscono anche Scipione Ammirato (Delle famiglie nobili napoletane, Parte I, Firenze 1580, pag. 73 e segg.), e Scipione Mazzella (Descrittione del Regno di Napoli, Napoli, 1601, pagg. 687-688).

Da ultimo, anche un'autrice contemporanea, la Assante, nega espressamente che la famiglia d'Alagno sia mai stata feudataria di Sicignano. Infatti, seppur attingendo all'opera dell'Ammirato che collega Sicignano ad una famiglia Ligny, l'autrice testualmente afferma: "La difficoltà maggiore è derivata dalla molteplicità dei cognomi adoperati per indicare la stessa famiglia. Ligni (de Ligni), Ligny, Lignini, de Legne, Lagni (de Lagni) e, a volte, d'Alaneo, creando confusione con la famiglia D'Alagno, alla quale apparteneva la più famosa Lucrezia, di tutt'altra origine" (F. Assante di Panzillo, Romagnano. Famiglie feudali e società contadina in età moderna, Napoli, 1999, Giannini, pag. 66 e nota n. 19).

Non sappiamo se Giovanni e Piscicella ebbero dei figli, né cosa sia stato dell’eventuale loro discendenza dopo il 1495, epoca in cui la madre fu privata dei feudi. Se consideriamo le date comprese tra il 1472, epoca attorno alla quale i due contrassero matrimonio, ed il 1487, epoca in cui la Piscicelli ebbe confermati i feudi in Molise (forse a causa della morte del marito Giovanni) non è improbabile che abbiano avuto dei figli.

Cavaliere sec. XIV

Assolutamente certa è invece la testimonianza proveniente da un documento datato 1605, relativo ad un inventario di beni (tratto da F. Bozza, Limosano nella storia). In esso compaiono Giovanni Battista de Alena, padre del defunto Donato Antonio, ricco proprietario di Limosano, sua nuora Maria de Perrocco e le loro figlie minori Laura, Silvia e Angelica de Alena. L’omonimia di questo Giovanni con il presunto avo, marito della Piscicelli, e la concordanza del cognome de Alena con quello della famiglia degli antichi signori di Sicignano, concretizzano un apprezzabile fil rouge in grado di collegare i d’Alena di Sicignano con quelli di Limosano. Dal citato inventario si evince che la famiglia possedeva numerosi beni immobili ed esercitava il credito finanziando svariati soggetti, ma anche le università di Sant’Angelo Limosano, San Biase ed i censi baronali.

Il quadro sopra delineato ed i dati oggettivi riscontrati, consentono di proporre una ipotesi di filo genealogico da sottoporre ad un attento esame delle fonti documentali (in particolare per quanto riguarda il periodo “molisano” compreso tra la fine del XV ed i primi anni del XVII sec.) al fine di confermarla o smentirla definitivamente.

L’ipotesi di  linea genealogica può essere rappresentata dal seguente schema:  

Matteo o Maino de Alena

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Balduino

= 1° Margherita di Baro

= 2° Margherita d’Alemagna

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Giovanni I = Isabella di Gesualdo

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Niccolò = Flaminga di Burgenza

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Giovanni II (o Giovannello) = Antonella de Porcelet

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Pietro I = Maria Capece

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Giovanni III = Piscicella de Piscicelli

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Pietro II = ?

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Berardino I [8] (* < 1530)

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Donato (* < 1571)

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Berardino II (* Limosano, 1600) = Deonora di Ruggiero

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Donato (Frosolone, 1643-1723) = Lucrezia Viano

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Domenico Antonio (Frosolone, 1697-1764)  = Agnese Mascione

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Donato Antonio (Frosolone, 1746-1822) = 1° Agata Angeloni, 2° Doristella de Silvestris

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Domenico Antonio (* Frosolone 1771-S.Pietro Av. 1837) = Teresa de Corné

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Federico Antonio O.E. (S.Pietro Av. 1814-1892) = 1° Carolina Frangipani (improle), 2° Cristina d'Alena, 3° Doristella d'Alena

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dal 2° matrimonio: Giuseppe Antonio R.G. (S.Pietro Av. 1847-1924) = Maria Domenica Mariani

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Alfonso Gaetano (S.Pietro Av. 1887-Vasto 1968) = Lida Carugno (si origina il ramo di Sanza d'Alena descendentes et haeredes)

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Giuseppe Pietro Domenico (S.Pietro Av. 1926-Casoli 2021) = Laura Maria di Tella

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Alfonso Maria Pietro (* Vasto, 1969) = Maria Rosaria di Muzio

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1° Giuseppe Maria Alessandro (* Vasto); 2° Carlo Maria Lorenzo (* Vasto)

 A completamento delle informazioni riportate nel testo si forniscono i frammenti tratti dai Registri Angioini, così come riportati nei volumi degli autori citati, sottolineando come appaia evidente l’impossiblità di interpretare il cognome Alena in modo diverso da quello trascritto. De Alena o anche, nelle forme più rare e meno frequenti, de Alenia o de Alenea, non può essere confuso con Lagni, d’Alagni o d’Alagno. Del resto appare determinante l’interpretazione di Jean Marie Martin, direttore delle ricerche al Centro nazionale di ricerca scientifica francese (CNRS), specializzato nell’area di ricerca di storia dell’Italia meridionale nel Medioevo, che si riferisce a Matthieu de Alena, dando un’accezione francese al prenome Matteo, ma non al cognome de Alena, mentre coloro che ricollegano i signori di Sicignano alla famiglia Ligni o Ligny, affermano essere questa famiglia di origine francese. Se così fosse l’autorevole storico avrebbe sicuramente attribuito l’appartenenza di Matteo alla nota famiglia francese anziché ad una diversa famiglia de Alena.

P. Ebner, Chiesa Baroni e popolo nel Cilento:

nota n. 9: Reg. 1271, D, f 18 t = vol. III, p. 16, n. 100 – Matheo de Alena, mil. fam.concessio terrarum Siciniano et Campore.

nota n. 11: Reg. 29, f 199 t = vol. XIII, p. 294, n. 330 (il giustiziere del Principato non ha ottemperato agli ordini impartiti. Si parla di Marini de Alena dom. Siciniani. Si rinnova l’ordine). Reg. 29, f 206 = vol XIII, p. 295, n. 333 (Il re ordina al giustiziere non permictatis eodem Abbatem et hominis (…) ad eodem Marino contra iustitia molestari). Reg. 54, f 95 t = vol. XIII, p. 216, n. 101 (Rex mandat ut Mayno de Alenia, dom. Siciniani, casalem vinealium monasterio venusino restituat).

 

R. Filangieri, I registri della Cancelleria angioina ricostruiti…

Pag. 151: … an homines casalis S. Georgii, vasalli Matthei de Alena, habeant ius…

 

J.M. Martin, L’ancienne et la nouvelle aristocratie féodale, Le eredità normanno-sveve nell’età angioina, Centro di Studi normanno-svevi Univ. Di Bari, Dedalo Ed. 2004.

Pag. 128: Matthieu de Alena a rendu à la curia le castrum de Valva (prov. Salerne) en échange de bien dispersés sis à Salerne, pour lesquels il doit les trois quarts du service d’un chevalier (RA II, 492, pp. 127-128 [1269])

 

E. Ricca, La Nobiltà delle Due Sicilie, Forni Rist. An. 1978-79 dell’ed. del 1859-1879.

Vol. II, pag. 214: il Ricca nella nota n. 139 fa riferimento a due documenti che provengono: " il primo de' citati documenti si legge nel registro angioino segnato Carolus I 1276, 1277 A. n. 27 fol. 16 a 18, ed il secondo nell'altro registro notato col n. 40 ed intitolato Carolus I 1280 C, fol 28.": “(…) Mattheus de Alena teridam unam et vacettam 1 similiter cum Milone de Galatho habenti terram in capite de quo scriptum est  Iustitiario Regionis Herberto de Aureis teridam unam et vacettam unam (…) ”.

 F. Assante di Panzillo, Romagnano. Famiglie feudali e società contadina in età moderna, Napoli, Giannini Ed. 1999 (Univ. di Napoli Federico II. Quaderni della Facoltà di Scienze Politiche, 44).

Pag. 70, nota n. 28: Registri angioini, vol. I, pars I, anno 1321, a Domino Balduino de Alenea pro Castris Siciniani (omissis) pag. 773; Registri angioini, vol II, anno 1309, Margarite q.m. Sparani de Barno militis uxoris Baudoini de Alaneo militis (omissis) pag. 1739.

 

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[1] Jean Marie Martin, L’ancienne et la nouvelle aristocratie féodale, in Le eredità normanno-sveve nell’età angioina, Centro di Studi normanno-svevi, Università degli Studi di Bari, ed. Dedalo, 2002.

[2] Secondo l’Ammirato Giovanni è figlio di Pietro e Maria Capece; per della Marra, Giovanni è il nipote di Pietro, figlio di suo fratello Lancillotto.

[3] Ferrante della Marra era duca di Guardialombarda.

[4] Si tratta dell’attuale Duronia.

[5] Anche il Masciotta cade nell’errore di chiamarlo Giovanni d’Alagno. Egli cita come fonte l’Ametrano.

[6] Afferma il Masciotta: “è incontestabile però che nel 1471 – per diploma di Ferrante I – Limosano divenne feudo di Giovanni d’Alagno” (Il Molise dalle origini ai nostri giorni, vol. II, monografia di Limosano).

[7] Il Masciotta afferma di aver tratto la notizia da uno studio pubblicato nell’Archivio Storico per le Province Napoletane, anno XXXVII, pag. 559.

[8] Da Berardino in poi, la genealogia è stata già verificata, documentata e pubblicata da Berardino II in poi nel volume: In cammino nel tempo. Percorso storico genealogico della famiglia di Sanza d’Alena e delle famiglie collegate, dal XVII al XXI secolo, ilmiolibro self publishing 2015, stampato in Italia presso Thefactory, per Gruppo Editoriale L’Espresso S.p.A.